domenica 23 ottobre 2016

Step 06 - Il Rosso nella Scienza


Lo studio del colore ha interessato generazioni di studiosi. Da Platone e durante tutto il medioevo le ipotesi e le teorie si sono moltiplicate, ma il fondatore della moderna scienza del colore è considerato l’inglese Isaac Newton, più noto per la scoperta delle leggi che governano la gravitazione.

Il primo importante concetto introdotto da Newton riguarda il fatto che è sempre necessario distinguere fra mondo fisico (dove tutto è oggettivo e misurabile) e mondo della percezione (dove tutto è soggettivo e non misurabile). L’idea non è nuova, ma Newton l’ha  precisata e l’ha messa alla base della propria teoria sul colore.

La seconda importante osservazione di Newton è che la luce (del sole, ma anche di qualunque altra sorgente) è composta di radiazioni diverse, ognuna di diversa intensità. 
Le singole radiazioni e le relative intensità sono messe in evidenza dalla scomposizione che un prisma di vetro può fare della luce.
Ognuna delle singole radiazioni, se arriva all’occhio separatamente dalle altre, causa la percezione di un determinato colore, più o meno brillante secondo la relativa intensità.

Newton dimostrò così che la luce che ci appare bianca non è in sé monocromatica, ma è la somma di una serie di raggi, ciascuno dei quali ha una differente lunghezza d’onda.

Prisma di Newton

Egli usando un prisma di vetro aveva scomposto la luce del sole (luce bianca) nel cosiddetto spettro dell’iride, dove i colori sfumavano dal rosso all’arancio, dall’arancio al giallo, poi al verde e all’azzurro fino all’indaco e al violetto. In questo modo si spiega il mistero dell’arcobaleno.
Newton spiegava la formazione dello spettro ammettendo che tutti i colori erano già presenti nella luce “bianca” del sole prima della sua scomposizione. E per confermare la sua ipotesi Newton ideò un esperimento inverso al precedente e tale da produrre la “ricomposizione” dei colori. Newton otteneva prima la scomposizione della luce, poi usando una grande lente convergente, faceva convergere tutti i colori in un unico punto. I colori scomparivano e si otteneva di nuovo un raggio di luce bianca. 




Supportato da una lunga serie di esperimenti Newton giunse a formulare la teoria corpuscolare. Per Newton i corpi luminosi emettevano dei corpuscoli immateriali. I corpuscoli erano una sorta di “atomi di luce” che, viaggiando in linea retta e a velocità iperbolica, producevano i raggi. 
Quando i raggi colpivano gli occhi davano la sensazione della luce (Newton distingueva giustamente il fenomeno fisico dalla sensazione soggettiva della visione). 
Cercava di spiegare anche i colori ammettendo che la luce “bianca” era una miscela di altrettante specie di corpuscoli quanti erano i diversi colori. Nella luce bianca tutti i corpuscoli che formano un raggio attraversano l’aria all’unisono. Quando invece il raggio attraversa un prisma di vetro i corpuscoli luminosi subiscono l’influenza delle forze dovute alle particelle di materia. Gli effetti sono più intensi sul violetto, più deboli sul rosso. Di conseguenza ogni colore viene rifratto con un angolo diverso e il prisma separa i colori a ventaglio ottenendo lo spettro della luce visibile.
A partire dell'osservazione dei colori dello spettro Newton disegnò il cerchio dei colori sul quale i colori dello spettro venivano riportati in settori la cui larghezza era in relazione a quella osservata nello spettro. La posizione dei colori sul cerchio definiva le relazioni di qualità tra i colori stessi, Newton immaginò che tra i colori potessero esserci delle relazioni armoniche come tra le sette note musicali, e che i colori vicini tra di loro (adiacenti) sviluppassero rapporti armonici, mentre i colori che si trovavano in opposizione (complementari) avessero tra loro una relazione dinamica.

Newton giunse inoltre alla conclusione che il colore degli oggetti che ci circondano è legato al modo di reagire delle superfici alla luce. Un oggetto rosso ha questo colore perché trattiene tutti gli altri colori e ci spedisce indietro solo il rosso. Escluse del tutto la possibilità che al buio vi potessero essere dei colori, in quanto i colori sono inscindibilmente legati alla presenza della luce. La teoria di Newton sui colori rimase la base per gli sviluppi successivi della ricerca scientifica sui fenomeni legati all'ottica e alla luce. L’ipotesi corpuscolare ha dominato la fisica per circa 100 anni. 

Dopo quella di Newton seguirono tantissime teorie ed esperimenti per scoprire la natura dei colori:












La fisica spiega il mistero del rosso scuro nei dipinti antichi



Il rosso nell'ASTRONOMIA:
  • Il fenomeno del Red Shift (Spostamento verso il rosso)

Lo spostamento verso il rosso (chiamato anche effetto batocromo o, in inglese, redshift) è il fenomeno per cui la frequenza della luce, quando osservata in certe circostanze, è più bassa della frequenza che aveva quando è stata emessa. Ciò accade in genere quando la sorgente di luce si muove allontanandosi dall'osservatore (o equivalentemente, essendo il moto relativo, quando l'osservatore si allontana dalla sorgente).
Più in particolare, si parla di "spostamento verso il rosso" quando, nell'osservare lo spettro della luce emessa da galassie, quasar o supernove lontane, questo appare spostato verso frequenze minori, se confrontato con lo spettro dei corrispondenti più vicini. Dato che nella luce visibile il rosso è il colore con la frequenza più bassa, il fenomeno ha preso questo nome, e viene utilizzato in relazione ad ogni tipo di frequenza, anche per radiazioni che si collocano nelle radiofrequenze.
L'interpretazione standard della cosmologia è che le galassie sono in allontanamento le une dalle altre, e più in generale che l'Universo è in una fase di espansione, al momento attuale in accelerazione, iniziata col Big Bang.




Definizione Matematica:
Lo spostamento verso il rosso e lo spostamento opposto verso il blu (blueshift), in cui la luce assume frequenze maggiori, sono misurati dal numero puro z, definito come:

dove  è la lunghezza d'onda della radiazione elettromagnetica.
L'incremento in lunghezza d'onda della radiazione elettromagnetica corrisponde ad una diminuzione della sua frequenza (e viceversa):
dove  è la frequenza della radiazione elettromagnetica.
Talvolta si preferisce usare la forma:

La formula del Redshift gravitazionale si ricava partendo da quella dell'energia potenziale gravitazionale che è, come noto:
Dalla espressione relativistica dell'energia
ricaviamo la massa equivalente del fotone:
da cui ricaviamo l'espressione dell'energia di un fotone in un campo gravitazionale:
Quindi, un fotone prodotto per esempio sulla superficie di una stella di massa M, che si muove ad una distanza r nel campo gravitazionale della stessa, avrà una energia pari alla differenza fra quella iniziale, poniamo , e quella dissipata nel campo gravitazionale :
da cui l'espressione dell'effetto doppler gravitazionale:
da cui quella del redshift gravitazionale:

(https://it.wikipedia.org/wiki/Spostamento_verso_il_rosso)

  • Il pianeta rosso: MARTE 


Marte è il quarto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole e l'ultimo dei pianeti di tipo terrestre dopo Mercurio,Venere e la Terra. Viene chiamato il Pianeta rosso a causa del suo colore caratteristico dovuto alle grandi quantità di ossido di ferro che lo ricoprono.
Pur presentando un'atmosfera molto rarefatta e temperature medie superficiali piuttosto basse, il pianeta è il più simile alla Terra tra quelli del sistema solare.
occhio nudo Marte solitamente appare di un marcato colore giallo, arancione o rossastro e per luminosità è il più variabile nel corso della sua orbita tra tutti i pianeti esterni. 




 Tutti gli scienziati concordino nel sostenere che il pianeta rosso e la Terra si siano formati dagli stessi elementi, non si è mai spiegato il perché la superficie marziana presentasse una così elevata presenza di ossido di ferro che ne determinerebbe il caratteristico colore. Su Nature viene pubblicata una ricerca del professore David Rubie dell’università di Bayreuth, Germania, in cui s’ipotizza che la differenza di colore è legata alle dimensioni dei due pianeti. Circa quattro miliardi di anni fa molti pianeti del Sistema Solare, fra cui la Terra e Marte, furono bombardati da un’intensa tempesta di meteoriti che ne sciolse i manti rocciosi. Il diametro delle Terra è quasi il doppio di quello di Marte, questo perché la quantità di magma era nettamente superiore ed esercitava un’elevatissima pressione sul centro del pianeta. Tale pressione portò la temperatura a circa 3.200 gradi che scompose quasi del tutto l’ossido di ferro in ossigeno e ferro fuso. Il ferro filtrò all’interno della Terra e sulla superficie rimase l’ossigeno e un 8 per cento di ossido di ferro. Su Marte, essendo molto più piccolo, la pressione fu nettamente inferiore e quindi si arrivò soltanto ad una temperatura di circa 2.200 gradi, non sufficiente a scomporre del tutto l’ossido. Quindi sulla superficie marziana rimase una più elevata presenza di ossido di ferro che si aggira intorno al 18 per cento, sufficiente ha dare il caratteristico colore al pianeta rosso.







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